mercoledì 30 ottobre 2013

Capitolo 5 – I GIOCHI

Il termine “gioco” in Analisi Transazionale (A.T.) viene usato per indicare degli scambi comunicativi tutt'altro che divertenti o quanto meno che alla fine conducono a sensazioni particolarmente sgradevoli e dolorose.

Si snodano seguendo delle regole, delle costanti e dietro una scena apparentemente razionale e trasparente, si nasconde una manovra inconscia sleale, una specie di trucco. Viene allora spontaneo domandarsi: Ma cosa diamine è successo? Sembrava scivolasse tutto così regolare e ad un certo punto è cambiato tutto e mi ritrovo con un mattone sullo stomaco, una sensazione così spiacevole senza rendermi conto di come ciò sia potuto avvenire.
Ogni individuo tende proprio a giocare i suoi giochi psicologici preferiti, ricreandoli con persone diverse e in contesti diversi di volta in volta ma portandosi dietro quella sensazione di disagio di un qualcosa che al di fuori della sua consapevolezza va ripetendosi nella sua vita. Perciò si domanda: “Ma come è possibile che sia successa nuovamente la stessa cosa?” magari nell'ennesima relazione di amicizia o relazione d’amore o nel lavoro, e via dicendo.
Nella definizione di Vann Joines, il gioco è un “processo consistente nel fare qualcosa con un motivo ulteriore che è al di fuori della consapevolezza Adulta, non diviene esplicito finché i partecipanti non cambiano il modo in cui si stanno comportando e ha come risultato il fatto che ciascuno si sente confuso, incompreso e accusa l’altro” (Stewart e Joines, 1987; pp. 420-421).