mercoledì 30 ottobre 2013

Capitolo 5 – I GIOCHI

Il termine “gioco” in Analisi Transazionale (A.T.) viene usato per indicare degli scambi comunicativi tutt'altro che divertenti o quanto meno che alla fine conducono a sensazioni particolarmente sgradevoli e dolorose.

Si snodano seguendo delle regole, delle costanti e dietro una scena apparentemente razionale e trasparente, si nasconde una manovra inconscia sleale, una specie di trucco. Viene allora spontaneo domandarsi: Ma cosa diamine è successo? Sembrava scivolasse tutto così regolare e ad un certo punto è cambiato tutto e mi ritrovo con un mattone sullo stomaco, una sensazione così spiacevole senza rendermi conto di come ciò sia potuto avvenire.
Ogni individuo tende proprio a giocare i suoi giochi psicologici preferiti, ricreandoli con persone diverse e in contesti diversi di volta in volta ma portandosi dietro quella sensazione di disagio di un qualcosa che al di fuori della sua consapevolezza va ripetendosi nella sua vita. Perciò si domanda: “Ma come è possibile che sia successa nuovamente la stessa cosa?” magari nell'ennesima relazione di amicizia o relazione d’amore o nel lavoro, e via dicendo.
Nella definizione di Vann Joines, il gioco è un “processo consistente nel fare qualcosa con un motivo ulteriore che è al di fuori della consapevolezza Adulta, non diviene esplicito finché i partecipanti non cambiano il modo in cui si stanno comportando e ha come risultato il fatto che ciascuno si sente confuso, incompreso e accusa l’altro” (Stewart e Joines, 1987; pp. 420-421).

mercoledì 6 febbraio 2013

Capitolo 4 – LE EMOZIONI PARASSITE E LE EMOZIONI AUTENTICHE


Come potremmo anche solo immaginare la nostra vita senza emozioni? Ne perderebbe l’essenza, proprio perché le emozioni danno il colore, il sapore, il gusto, il di più alla nostra esistenza.

Nella cultura occidentale si sono andati formando man mano dei pregiudizi negativi su come le emozioni, generando scompiglio e confusione, possano allontanarci dal tenere sotto controllo la realtà che ci circonda e quindi dissuaderci dagli obiettivi che vogliamo realizzare. A lungo andare, un tale orientamento può solo creare un malessere profondo nell’individuo e nella società, con la conseguente sensazione di appiattimento e di grigiore della vita, di non senso e di perdita di contatto con se stessi, con gli altri e con l’ambiente. Purtroppo è facile vedere intorno a noi un amico o un conoscente la cui luce negli occhi non brilla da tempo, che se accenna un sorriso è giusto di circostanza e che stenta a dare un senso alla sua esistenza.
Permettersi di sentire, di aprire totalmente i nostri sensi e la nostra mente al mondo emozionale significa riappropriarsi della nostra più intima essenza, tornare a sentirsi vitali e dar valore alla vita.