Quando
in Analisi Transazionale si parla di “posizioni
di vita” ci si riferisce alle convinzioni e agli atteggiamenti fondamentali
che un individuo ha su di sé e sugli altri, sul valore essenziale che
percepisce in sé e negli altri e più in generale nel mondo.
Eric
Berne
sosteneva che durante l’infanzia il bambino prende le sue decisioni in base
alle esperienze vissute e da ciò deriva l’assumere una posizione di vita
fondamentale. Ad esempio, se un bambino non si è sentito amato dalla mamma perché
lo sgridava spesso e vedeva che lei rivolgeva tutte le sue attenzioni amorevoli
verso la sorellina, potrebbe aver deciso tra sé: “Io sono cattivo e non posso
essere amato” e di conseguenza potrebbe assumere la posizione che lui non va
bene così come è, mentre gli altri sì (la mamma e la sorellina).
Claude Steiner sostiene l’ipotesi che la
posizione di vita fondamentale sia assunta ancor prima, nei primissimi mesi di
vita.
La possibilità di vivere una relazione di sintonia e tranquillità tra
mamma e neonato, permette al bambino di sviluppare una posizione fondamentale “Io
sono buono, tu e gli altri siete buoni” ovvero una posizione di fiducia di base.
In situazioni difficili e minacciose per il bambino o che egli percepisce come
tali, svilupperà invece una posizione di sfiducia di base. Questo rappresenta
il punto di partenza su cui il bambino fonda le proprie decisioni su di sé,
sugli altri e sul mondo che daranno forma al suo personale copione di vita, che
prenderemo in esame nel prossimo capitolo.
Le
quattro posizioni di vita fondamentali sono:
1. Io
sono ok, tu sei ok (++)
2. Io
non sono ok, tu sei ok (−+)
3. Io
sono ok, tu non sei ok (+−)
4. Io
non sono ok, tu non sei ok (−−)
Analizzando
il significato di queste affermazioni è importante tenere presente come il
soggetto “Io” si riferisca a ciò che
credo rispetto a me stesso; il soggetto “Tu”
possa riferirsi a qualunque altra persona che ho di fronte, a qualunque altro
diverso da me e si possa estendere a più persone; vi si può aggiungere anche il
concetto più generale del mondo e dell’universo. È utilizzato il verbo “essere” perché ci si riferisce proprio
alla sfera dell’essenza e dell’esistenza; quindi non riguarda la sfera del
fare, ciò che io faccio o gli altri fanno, bensì ciò che io sono e gli altri
sono. L’essere “Ok” sintetizza il
concetto di valore, di andare bene, di considerarsi degni di vivere, amare e
essere amati.
Possiamo
seguire la griglia elaborata da Franklin Ernst (1971) per cogliere meglio gli
aspetti connessi alle diverse posizioni esistenziali.
Nella
posizione io ok-tu ok sperimentiamo lo star bene con noi stessi e con l’altro
o gli altri, quindi andiamo d’accordo e andiamo avanti con l’altro. Viene
chiamata posizione sana, vincente, costruttiva, collaborativa, evolutiva. Ad
esempio, mi fermo a fare la lezione di matematica con una compagna di scuola e
mi accorgo che un esercizio ci dà risultati completamente diversi. Lo riguardo
e scopro che avevo fatto un errore, lo correggo e controllo di nuovo il
risultato con la mia compagna. Dentro di me, il mio sentire di fondo è stato
sempre “io vado bene così come sono e la mia compagna va bene così come è”,
siamo entrambe degne di rispetto e dotate di valore e capacità di comprendere e
apprendere. Non dubito di questo né quando sono io a fare un errore né se lo fa
l’altra persona e mantengo un atteggiamento costruttivo di andare avanti con me
e con l’altro.
Nella
posizione io ok-tu non ok sperimentiamo
il vissuto di quanto gli altri sono sbagliati, inadeguati e non degni di
valore, mentre solo noi valiamo davvero. Quindi tendiamo a volerci sbarazzare e
liberare degli altri indesiderati. Questa posizione viene anche definita di
arroganza, paranoide o omicida. Nell’esempio sopra citato, dal momento che vedo
il mio risultato diverso da quello della mia compagna, addebito l’errore sicuramente
a lei senza neppure verificare, squalificandola come una stupida incapace. Se
invece mi rendo conto che ho commesso io un errore, ugualmente attacco la mia
compagna, magari per avermi distratto con le sue moine oppure utilizzo un’altra
giustificazione vagamente plausibile. In ogni caso continuo a sentirmi in una
posizione di superiorità e svaluto l’altro.
Nella
posizione io non ok-tu non ok
sperimentiamo il senso di non valere nostro e altrui, la totale inutilità di
chiunque e di qualunque cosa, il vissuto di fallimento, la non speranza “tanto…
non c’è niente da fare”. Questa posizione viene definita di superficialità, di
inutilità, schizoide o schizofrenica. Nell’esempio, dal momento che mi rendo
conto di aver fatto un errore, inizio a rimproverarmi aspramente e a criticare
anche la mia compagna che mi ha fatto sbagliare, come se dicessi “non si vale
proprio niente e non si può fare niente per uscirne”.
Ciascuno
di noi avrà provato cosa significa stare in una di queste posizioni, perché
facilmente possiamo passare da una all’altra. Tuttavia è possibile notare quale
posizione tendiamo a sperimentare con maggiore frequenza, la nostra posizione esistenziale prediletta.
Abbiamo
accennato a come questa si formi presto nella nostra vita quando il bambino in
base alle sue esperienze trae una sorta di conclusioni su se stesso e sul mondo
che lo circonda.
Fintanto
che viviamo, non ci sono conclusioni così definitive e immodificabili, quindi possiamo cambiare anche la nostra
posizione esistenziale di base, grazie al renderci maggiormente consapevoli di
come funzioniamo e grazie alle nuove esperienze a cui andiamo incontro.
Bibliografia
Enrst F. (1971), The OK Corral: the grid for get-on-with, in TAJ 1, 4, pp. 231-40.
Harris T. A. (1967), Io sono ok tu sei ok, BUR, Milano, IV
edizione, 2004.
Mastromarino
R. e Scoliere M., Introduzione
all’Analisi Transazionale: “Il modello 101”, IFREP, Roma, 1999.
Ricardi
F., L’Analisi Transazionale: il sé e
l’altro, Xenia, Milano, 1997.
Stewart
I. e Joines V. (1987), L’Analisi
Transazionale: guida alla psicologia dei rapporti umani, Garzanti, Milano,
2000.
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